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Arturo Vermi esposto alla mostra "Arturo Vermi in the Space-Time Continuum" presso Brun Fine Art (Londra), dal 12 ottobre al 10 dicembre.
- Titolo della mostra: Arturo Vermi in the Space-Time Continuum
- Curatore: Alberto Mazzacchera
- Spazio espositivo: Brun Fine Art (Londra)
- Periodo: dal 12 ottobre al 10 dicembre
- In collaborazione con Archivio Arturo Vermi
La scultura, con una produzione numericamente più rarefatta, attraversa, dagli anni sessanta, l’intero itinerario artistico di Arturo Vermi (Bergamo, 1928 – Paderno d’Adda, 1988).
Intono al 1960, si attesta il soggiorno di Vermi a Parigi. In quei due anni ha la possibilità di un ravvicinato confronto con l’Informale di Dubuffet, Fautrier, Soulage e Poliakoff.
Poi, come attesta lo stesso Vermi, sarebbe tornato a “Milano, dove il fermento della ricerca mi sembrava più vivo e attivo”. Ed in effetti è un tempo particolarmente fecondo quello che si dispiega a Milano. È sotto un lungimirante magistero, in primis di Lucio Fontana (1899 – 1968), che una particolare miscela trasforma l’industriosa Milano in un formidabile laboratorio culturale.
Per Arturo Vermi il rientro in Italia coincide con la feconda esperienza del Gruppo del Cenobio. Il poeta, filosofo e critico Alberto Lùcia è elemento di coesione tra Ettore Sordini (1934 – 2012) e Angelo Verga (1933 – 1999) che avevano maturato significative esperienze insieme a Piero Manzoni (1933 – 1963). Quel giovane manipolo, non a caso, godeva dell’apprezzamento di Lucio Fontana. Nel Gruppo del Cenobio accanto a Vermi entra a farne parte Agostino Ferrari (1938), amico di Enrico Castellani (1930 – 2017), nonché Ugo La Pietra (1938) la cui ricerca nel corso degli anni è stata fortemente assorbita nel campo della progettazione e del design che faceva capo a Bruno Munari (1907 – 1998).
Sicuramente sia Sordini sia Verga condividevano nella sostanza la vibrante affermazione di Manzoni che “vi è solo per l’artista il problema di conquistare la più integrale libertà”. Ma loro intendevano percorrere una strada in cui avrebbero in ultima analisi difeso la pittura proprio contro il suo possibile annullamento. I loro sforzi ininterrotti costituiscono la base per la formazione, nel 1962, del Gruppo del Cenobio che costituisce il terzo volto della reazione milanese alla crisi dell’Informale.
Vermi assorbe in profondità la lezione di Fontana con una riflessione sul concetto di spazio che lo conduce ad un’interpretazione autonoma e originale.
Con la serie denominata Diari, l’artista aggredisce gli elementi entro i quali il pittore era tradizionalmente ingabbiato e costretto ad operare cancellando la superficie e lo spazio non solo fisico. Al termine di tale iniziale rabbioso percorso prende corpo in lui l’esigenza insopprimibile del silenzio. In lui si è fatta strada la consapevolezza che “lo spazio è tale in quanto noi siamo un punto in esso”. Poi, di quadro in quadro, “per rendere ancora più visibile questo vuoto fatto di spazio-tempo incurvai la superficie cosicché queste figure che appaiono su di essa siano come isole nel deserto del tempo”.
Ora Vermi ha maturato il segno quale interprete dello spazio in cui proiettarsi, e che, attraverso una severa purificazione, può ora assurgere al rango di immagine concettuale.
I dipinti selezionati per questa mostra di Arturo Vermi, attengono opere accomunate tra loro dalla scelta tecnica di inserire elementi bidimensionali sulle loro superfici o tridimensionali a loro interno. Perciò entro il recinto della voce Inserti sono dipinti che rispondono a varie tematiche. In alcuni casi l’artista ricorre al collage, ma più spesso è l’inserto ligneo dorato o argentato a emergere, con la sua matericità, sulla superficie della tela ponendosi in relazione con le presenze concettuali in essa tracciate.
Gli Inserti sono contigui alla sua attività di scultore che lo conduce inoltre a realizzare le Piattaforme, le Superfici curve i Frammenti fino alla scultura monumentale.
L’artista ricorre spesso alla foglia d’oro e a quella d’argento quale potente richiamo alla luce astrale (o alla grafite per il buio interstellare), e alle superfici incurvate che vogliono riprendere il tema della curvatura dell’universo. Superfici e materiali che nell’accordarsi al suo registro di visionarietà cosmica gli consentono di raggiungere determinate gradazioni di soffusa luminosità, di coinvolgenti effetti luminosi che dispiegano il loro attraente rimando a qualcosa d’altro.